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Il legno abbandonato diventa arte da The Factory a Saronno

di Francesca Lovatelli Caetani

Massimiliano Chiappa
Massimiliano Chiappa

Oggi voglio dar voce all’artigianato brianzolo d’eccellenza, con un’intervista a Massimiliano Chiappa, Art Interior Designer e creatore di The Factory a Saronno, un altro orgoglio del nostro Paese, pronto alla ripartenza, pur tra enormi difficoltà del settore.

Come è nata la tua attività e la tua passione?

“La mia attività è nata nel 2014, sulle basi di una galleria di tappeti persiani, una delle mie grandi passioni l’arte figurativa annodata, che gestivo dal lontano 1996”-dice Massimiliano Chiappa, ideatore di The Factory a Saronno

“Come sempre le decisioni radicali si prendono in momenti difficili, e lì forse per sana pazzia, si butta il cuore al di là di mille ostacoli, e si capisce che è venuto l’istante di dare vita ai nostri sogni… ci si dice o ora o mai più!

Così ho dato vita ad un mio mondo, che ho definito “laboratorio d’arredamento artistico” o di “art interior design”; e proprio come la Factory di Warhol, potesse diventare un ambiente dove creare studi d’interno unici, irripetibili, proprio come solo un gesto artistico sa fare, nella scelta di un tappeto, di un mobile, di una sedia che da semplice pezzo di artigianato solido e comodo diventasse una opera di pop art.

 

La mia passione dovrei dire è nata con me, ho sempre pensato che il dono che il Creatore ci ha fatto nel rendere la nostra mano dotata della opponibilità del pollice, sia stato il modo per per creare, con manualità arte e artigianato, “il bello” in ogni sua forma, e ognuno di noi porta con se questo dono, il mio è esploso unendo l’amore per il legno con la follia cromatica dell’action paintin con le prime creazioni della fine del 2014.

La mia via è stata cercare di vestire di colore i fusti grezzi abbandonati di sedie e poltroncine, come Pollock “drizzava”, “gocciolava” le tele, così io ho iniziato a drippare pezzi di legno sospesi nel limbo di una fase di lavorazione incompleta, per farli nascere con un abito sartoriale plasmato dalla mia creatività e da una stupefacente casualità.

Quali progetti hai per la ripartenza di TheFactory?

“La risposta più semplice per me è “fare”, trasformare tutto l’angoscia di questo momento di sospensione in azione, quindi ho in cantiere un nuovo concept di relookin di un sofà patchwork, e alcuni interior per cui sto creando poltroncine e altri per cui sto ricercando dei tappeti particolari.

Il focus sarà sempre dedicare la mia arte e la mia passione per rendere uniche le case dei miei clienti, ci sono così tante possibilità per creare il bello al di la della omologazione imperante, e il dripping sa vestire e ricamare colore su ogni cosa”.

Cosa hai fatto in questo periodo difficile e cosa ti ha insegnato questo momento di riflessione?

“In questa quarantena ho dato sfogo alla mia creatività rifacendo il look alla mia casa di famiglia, il lavoro manuale aiuta sempre a riflettere, anche la per nulla facile operazione di ritinteggiatura di un soffitto, mette alla prova la manualità e la scelta di un punto di colore trasforma completamente un ambiente.

Devo dire che le fughe in laboratorio, al chiuso tra le mie bottiglie d’acqua bucate, il mio strumento di gocciolatura, mi hanno fatto sperimentare nuove tecniche in action per sedie e poltroncine e persino per un paio di jeans customizzati e patriottici, visto il momento di attaccamento ai colori della nostra bandiera.

Ho riflettuto molto sul fatto che proprio un dramma come questo, che ci ha privato di tutto, ci deve far tornare ad illuminare la nostra vita e le nostre case con “il bello”, con i valori delle cose e degli oggetti che restano, i cosiddetti “ori di famiglia”, contro la banalizzazione e l’obsolescenza programmata che il marketing dell’elettronica di consumo vuole far permeare ogni sfumatura della nostra vita in stile hit&run”.

Il trend del dripping mixato alla pop art, perché questa ispirazione?

“Sinceramente non c’è stata una scelta tecnica sul come “svecchiare” un artigianato con un allure classico, importante, con finiture a volte pesanti se non opprimenti , noce antico, foglia d’oro o d’argento, ma tutto è venuto spontaneo, tutto è stato semplice rotte le resistenze e paure iniziali, tutto è stato spontaneo, incredibilmente spontaneo, come se per assurdo le gocce “lanciate” trovassero la loro posizione perfetta dagli occhi al pezzo di legno.

Forse la mia innata passione per l’artigianato, per le lavorazioni di intaglio di legni pregiati, vere e proprie sculture lignee del distretto brianzolo di Meda e Cabiate, ha fatto si di trovare un modo per vestire di colore questi fusti abbandonati accatastati in botteghe chiuse e dismesse “lost in time”.

Che dire a volte non so trovare spiegazione di come io abbia trovato il mio strumento per drippare, bucando bottigliette di plastica da mezzo litro recuperate in numero ingente dai bar vicini al mio showroom, che si sono rivelate adatte alla mia manualità meglio di un pennello.

Caricare questi flaconi recuperati, di smalti e resine green a base d’acqua, veder scorrere il pigmento, impararne la giusta diluizione, sono state tutte alchimie che non conoscevo e che forse erano insite nelle mia creatività e che il “fare” ha fatto semplicemente esplodere.

Così mi capita che prima di iniziare mi soffermi con la bottiglia pronta in mano, osservando l’oggetto si crea negli occhi un reticolo di gocce come se la mente potesse presagire l’impossibile, dove possa cadere una goccia, ma poi in una frazione di secondo, con gesti rapidissimi la magia si compie, e poi il caso e la forza di gravità nel far colare lo smalto compie la magia, e si crea il vestito di colore per i fusti grezzi che nascono ad una vita molto “pop””.

Qual’è l’artista che ti piace di più e al quale pensi quando crei?

“Che dire senza essere blasfemo, ovviamente Jackson Pollock, che nella Factory di Warhol, proprio del dripping, delle gocciolature, faceva la sua tecnica pittorica.

Un gesto libero,istintivo, audace, di rottura che mi sembra faccia da giusto contraltare alla rigidità e perfezionismo della mia “tela”che diventa un fusto di legno intagliato, o un vaso di vetro o un capo di abbigliamento o uno scampolo di tessuto d’arredo a vestire un paralume”.

Qual’è la situazione dell’artigianato brianzolo d’eccellenza?

“Credo che utilizzare il termine drammatico dal punto di vista commerciale sia corretto, purtroppo io stesso vado a reperire i fusti grezzi in botteghe con migliaia di fusti grezzi in semilavorazione abbandonati.

Purtroppo molti artigiani lavorando per magazzino, accumulavano, accatastavano pezzi su pezzi attendendo gli ordini dai mobilieri, ma calando le richieste di mobili classici hanno dovuto chiudere non riuscendo più a coprire i costi.

Per questo ho voluto far riscoprire i valori di eccellenza di questo mondo, dando nuovo impatto artistico e colore “pop”, senza sapere che in tutto il mondo la pop art e soprattutto le texture grafiche in dripping, sono tornate in auge, sono cool, contaminando la moda e il fashion come la street art”.

Cosa si richiede da parte della vostra categoria alle istituzioni?

“Credo come tanti settori delle eccellenze italiane, di essere tutelati, di essere rimessi al centro di progetti che sappiano esaltare e proteggere il made in Italy, come dicono i mobilieri brianzoli, del Made in Meda, un distretto veramente di eccellenza mondiale per tutto il settore del mobile, soprattutto in questo 2020 che sarà orfano di un evento così vitale come il salone e il fuori salone del mobile a causa del Covid-19”.

Quali consigli daresti ad un giovanissimo che deve iniziare una attività come la tua?

“Consiglio veramente di essere appassionati!

Di coltivare le proprie passioni, e se anche in momenti della vita ci si trova in situazioni che ci obbligano a fare mestieri che non ci appagano, continuare a tenere vivi i sogni, arriverà l’occasione per realizzarli e bisogna farsi trovare pronti a cogliere quell’attimo, fosse anche in una situazione avversa ma sarà il momento per dare una svolta alla propria vita, ricordando Steve Jobs…”stay hungry..stay foolish”.

Chi sono i tuoi clienti?

“I miei clienti sono coloro che si innamorano delle mie creazioni, o meglio coloro che restano affascinati dalla mia visione di “casa”, e si affidano a me per renderla unica, calda e avvolgente.

Possono essere contatti diretti di passaggio davanti alle mie vetrine, passaparola tra clienti,contatti dal mondo social di Fb o Instagram, anche se le mie creazioni vanno vissute, respirate, provate e persino create insieme”.

Quali sono le caratteristiche delle tue creazioni?

“Le caratteristiche sono di unire eccellenza artigianale delle strutture, delle imbottiture, dei tessuti con la contaminazione artistica a gocce di smalti e resine all’acqua e finiture sempre green all’acqua lucide o opache.

Usando un termine inglese che sincopa il concetto perfettamente, direi “arthandcraft”, forse a volte sembra impossibile che un oggetto artigianale di design “comodo” e da usare possa diventare una opera d’arte che si conquista e riempie un angolo di casa, ma ci si può riuscire , con un po’ di sana follia creativa”.

Sogni nel cassetto per il futuro di TheFactory?

“Continuare a creare! Continuare a stupire!

Riuscire a chiudermi ancora alle spalle le porte di casa dei miei clienti, appagato dal loro stupore nell’aver consegnato loro una mia creazione che ha saputo stravolgere il loro modo di vedere un angolo della loro casa per sempre e che ogni volta sappia strappare loro un wow detto col cuore”.

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